Cerealto e “la so bela croxe”: la croce dei Popi
Era il lontano 1944 quando, in questo luogo come in tutta Italia, c’era la guerra; demone che pone senza pietà uomo contro uomo e che è drammatico da ambedue le parti, poiché chi combatte è povera gente costretta a lottare per la sopravvivenza propria e del paese.
Per molti di noi, quasi una favola studiata a scuola o raccontata dai nonni, ma chi l’ha vissuta non dimentica il boato degli aerei che coprivano il canto degli uccelli, la speranza delle fidanzate che pregavano per i loro amori, la lotta quotidiana per il cibo, il pianto delle madri per la lontananza dei figli in guerra.Vicende vissute, comuni in molte famiglie.
Fra questi c’erano anche Rosa e Giacomo, che avevano il figlio maggiore ricercato dai nazisti, appartenendo, secondo questi ultimi, alla categoria dei cosiddetti “sbandati”. Dolore, il loro, soffocato in parte dalla preoccupazione di crescere gli altri sei figli.
Nonno Giacomo (classe 1895)
Giacomo, detto “Giacomo Popi”, era uomo di poca cultura ma dotato di grande umanità e generosità che lo portavano sempre all’aiuto verso gli altri. I soldi erano pochi, ma la fede era grande… “Se la guerra finirà e i nostri figli torneranno salvi – disse un giorno Giacomo con l’amico Erminio meglio conosciuto come “Menego del Mosca” – erigeremo sul cocuzzolo più alto delle Tezze una nuova croce”.
Tutta la contrada fu d’accordo.
Era un tiepido mattino di aprile, Giacomo e due dei suoi figlioletti stavano raccogliendo la legna nel bosco, quando le campane di Cerealto che tacevano da anni in lutto, suonarono a festa e così quelle di tutti i paesi, che in coro formavano uno scampanio mai sentito. Giacomo, con le lacrime agli occhi, levò il cappello dal capo sudato e lo portò al petto gettandosi a terra: “Bimbi inginocchiatevi perché la guerra è finita!”. E si misero a pregare.
La croce dei Popi o Croce Jarina, così la chiamarono, fu eretta in legno, con la collaborazione di molti uomini, che gioiosi la vedevano come un angelo custode, che guardinga regnava su Cerealto.
Il passare degli anni, il sole, l’acqua, i fulmini portarono alla sua sgretolatura e in seguito alla sua rovina. Il vecchio Giacomo, diventato ormai nonno e anche bisnonno, non trovava pace… la Croce doveva tornare a vivere.
Ecco che nel 1982 arriva a Cerealto don Gilberto, parroco giovanissimo piuttosto alto e ben messo; ma in lui colpivano particolarmente il sorriso, che su quel viso buono s’apriva ogni qual volta l’incontravi con lo sguardo; le mani…quelle grandi mani sempre pronte ad accoglierti e a darti una spallata di conforto; e la voce, così calda, che quando recitava il Padre Nostro sprigionava la sua grande fede e diventava profonda, commossa, quasi avesse visibilmente davanti a sé quel Padre che tanto amava.
Quante chiacchiere fatte con la gente, quanti discorsi, quante risate insieme, quante bicchierate dopo ogni prova di canto, quante partite di carte sino alle tre, le quattro del mattino con i ragazzi!
Don Gilberto era amico di tutti, una persona eccezionale che ha lasciato il segno nel cuore di tutti coloro che l’hanno conosciuto.
“La Croce tornerà a vivere”- promise un giorno a Giacomo.
Questa volta fu scelta di ferro, con l’approvazione di tutta Cerealto.
Il destino non permise che il nostro carissimo don Gilberto potesse iniziare quest’opera, poiché ci lasciò chiamato da Dio in cielo. La croce fu eretta in seguito da don Teobaldo.
Per alcuni anni rimase taciturna a padroneggiare il luogo, senza però ricevere quella benedizione che l’avrebbe resa vera testimone di Cristo, desiderio che il vecchio Giacomo portò nel cuore senza essere esaudito sino alla morte.
La Croce fu benedetta il 9 settembre 1990 dallo stesso don Teobaldo, poco prima di lasciare il nostro paese, concludendo così l’opera iniziata dall’amico don Gilberto al quale è stata giustamente dedicata, senza però mai scordare l’ideatore: nonno Giacomo…
9/9/1990 - Il parroco don Teobaldo benedice la croce
Sembra ancora di vedere la sua figura, i pantaloni molli ed i fianchi sostenuti appena da una cinta…il fumo del suo inseparabile toscano, che il vento nel cielo trasporta.
(Grazia Dolores Zordan – Appunti n° 10 – 1992)
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“La croseta dei Recoari”
Quando i fratelli Pretto nel 1911, provenienti da Recoaro, acquistarono la proprietà di Cerealto, in contrada Albieri, notarono che questa grande estensione era dominata dall’alto da una croce in legno.
A suo tempo il proprietario, Girolamo Rottigni di Trissino, aveva fatto collocare la croce, rivolta verso la chiesa, a protezione della proprietà e a salvaguardia dei prodotti della terra dalle calamità naturali.
Gli acquirenti apprezzarono molto questo fatto e una volta divenuti proprietari si preoccuparono di sostituire la vecchia croce deteriorata dal tempo.
A tal proposito si racconta che i fratelli Pretto Achille (1869 – 1943) e Pretto Placido (1871 – 1953) portarono a spalle la croce facendo rivivere la salita al Calvario di Cristo, con le 3 cadute e con momenti di sosta per la non indifferente fatica!
La croce, distrutta da un fulmine negli anni ’60, venne subito ricostruita dagli eredi e portata in loco, ma questa volta con mezzi meccanici.
L’8 agosto 2008, nello spirito degli avi e a memoria dei medesimi, venne collocata una croce in ferro: bella e, si spera, più resistente alle intemperie.
Questa croce, fino a qualche anno fa, dominava il colle di S. Maria di Panisaccoda dove venne tolta per essere sostituita da una più grande.